“Pace a voi!”

Per prepararsi alla celebrazione della Domenica nell’ottava di Pasqua, possiamo leggere il foglietto scaricandolo qui

Il vuoto: preludio di novità

A lungo, nel passato, si è fatto strada il principio dell’”horror vacui” che possiamo tradurre come “terrore del vuoto”; si tratta di un principio per il quale la natura stessa rifugge il vuoto e – pertanto – tende a riempirlo costantemente, come l’acqua tende a insinuarsi negli incavi, o l’aria ad occupare tutti gli spazi. Un principio che ha afferrato anche l’uomo, per il quale occorreva riempire ogni pagina bianca, o arricchire di ornamenti le pareti delle chiese o dei palazzi comunali. Anche oggi, l’uomo contemporaneo e tecnologico sembra essere afferrato nuovamente da questo terrore: dal vuoto di relazioni, al vuoto di rumori, fino al vuoto di informazioni, di “collegamenti”, di “visualizzazioni” al cellulare…

Anche il tempo vuoto sembra spaventare.

Per noi credenti, le chiese vuote del periodo del Covid e quelle (semi) vuote di questi anni ci spaventano e la principale preoccupazione è – da un lato – trovare soluzioni per frenare questa emorragia e – dall’altro – ritornare a quel tempo in cui il cattolicesimo riempiva ogni ambito della società.

Eppure, la Pasqua del Signore, l’evento centrale della nostra fede, si basa su un vuoto. Una tomba vuota che ha lasciato interdetti. Una assenza che ha lasciato smarriti i discepoli. Un vuoto, insomma, che non è stato immediatamente riempito, ma che ha richiesto pazienza, l’emergere dei dubbi, il fiorire di una timida fede per poterlo comprendere e dotare di senso.

Pietro, Giovanni, Maria Maddalena e – via via – i discepoli, hanno dovuto sostare davanti ad un vuoto senza poter offrire una parola che spiegasse. Anzi. Quando hanno provato a farlo, si sono scoperti incapaci, o – per lo più – impegnati a balbettare parole senza senso.

Solo una parola diversa ha potuto dare un significato a quel vuoto. La Parola di Gesù. 

Una Parola che ha fatto fatica a fare breccia nei cuori dei discepoli, troppo ripiegati su se stessi e sulle speranze svanite. Per questo il tempo di Pasqua, i cinquanta giorni che succedono alla domenica di Resurrezione, non è un tempo sospeso, o un tempo semplicemente di festa, ma lo “spazio” per lasciare che il dubbio di una tomba vuota diventi – in profondità – la fiducia in un nuovo inizio le cui gemme già si vedono sbocciare.

Per accettare i vuoti e renderli nuovamente grembi fecondi di vita occorre tempo, abbandonando l’ansia delle risposte frettolose e facilmente rassicuranti ma che cercano di fermare il passato invece che aprire al futuro. Dobbiamo sostare davanti ai tanti vuoti della chiesa e delle nostre vite e attendere fiduciosi una parola diversa, anche sconvolgente, paradossale e – forse – anche assurda.

Perché la resurrezione è l’imprevedibile che irrompe nei vuoti del mondo.

Buona Pasqua.