Dalla fede come diritto, alla fede come scelta libera
In Italia come in tutti i paesi di antica cristianità, il problema dell’impianto dell’Iniziazione cristiana dei ragazzi e del suo necessario rinnovamento per rispondere alla nuova sfida della fede, è paragonabile – secondo una felice immagine di E. Biemmi – alla ristrutturazione di una casa antica. Sarebbe molto più facile ed economico demolirla e costruirne una nuova. E’ anche vero che una casa antica ristrutturata è più bella di una nuova. Siamo così chiamati a ristrutturare una casa antica e ormai invecchiata, non per rimettere in valore il suo pregio di antichità (la tradizione), ma per renderla abitabile per gli inquilini di oggi. I quali, tra l’altro, non hanno nessuna intenzione di uscire dalla casa nel tempo della ristrutturazione. Da qui la fatica dell’impresa: tempi lunghi, disagi, resistenze da parte di tutti i soggetti implicati1.
Fuor di metafora possiamo affermare che se è vero che il permanere della richiesta di riti e di una “tradizione” cristiana è una risorsa, questo è anche al tempo stesso una croce. Veniamo da un processo di trasmissione della grammatica della fede operata attraverso il catechismo nelle parrocchie, ma dimentichiamo che non era la parrocchia, ma la famiglia a fornire le chiavi per interpretare il mistero della vita in una prospettiva cristiana. Il discorso sulla fede veniva fatto in famiglia e alla parrocchia rimaneva il problema di dare parole le condivise e corrette del discorso e di inserire in una comunità che condivideva la fede trasmessa in famiglia2. Oggi le parrocchie cercano ancora di offrire la grammatica della fede, ma non c’è più chi ne insegni la sintassi e permetta l’esercizio quotidiano del linguaggio appreso. E’ come chi pensasse di poter parlare un fluente inglese frequentando un corso di 24 ore… Il “discorso su Dio” disatteso in famiglia, rimane esperienza marginale e affidata ad un catechismo a cui si delega tutto il successo della trasmissione della fede. Un compito impossibile per un impianto pensato per altri obiettivi.
C’è quindi un passaggio da curare se non vogliamo buttare giù l’antica casa e vogliamo abitarla mente la ristrutturiamo. Si tratta di quella disponibilità che possiamo chiamare “accompagnamento pastorale alla domanda di sacramenti”. Una disponibilità ad essere aperti a tutti senza svendere il tesoro prezioso del vangelo e dei sacramenti, una disponibilità ad accogliere la domanda di “riti” ma con l’intenzione di farla evolvere perché maturi – nella misura del possibile – in domanda di fede. Anche la pastorale, come l’educazione è sempre una lotta: una lotta per la vita, una lotta per un bene più grande di quello che la persona vede. Si tratta, infatti, di curare il passaggio dal diritto di richiedere il sacramento per il figlio attraverso l’iscrizione ad un percorso nel quale non è richiesto a me adulto alcun impegno, alla scelta di coinvolgersi in un cammino di fede assieme al figlio. In altre parole di attivare nel genitore la consapevolezza che chiedendo il sacramento per il figlio è invitato a porsi una domanda su di sé, sulla propria scelta di fede.
Il passaggio che viene richiesto all’adulto genitore che presenta un figlio per l’iscrizione al catechismo è quello dal diritto alla scelta e dalla delega in bianco all’assunzione della responsabilità. E’ un passaggio che sfida al cambiamento (alla conversione) entrambi i partners del dialogo: i genitori e la parrocchia. Il genitore,– forse per la prima volta – si sente interpellato e deve decidere di comportarsi, anche in parrocchia, come adulto. La parrocchia e i suoi operatori sono costretti a vivere anche loro da adulti: disponibili senza timori ad accettare il “no”di chi non ci sta; terminando in tal modo la farsa di lasciare in pace il genitore e permettergli di continuare il suo gioco di compiacenza. Aiutare i genitori a crescere significa invitarli ad esprime la loro vera posizione e quindi a costruire con noi una relazione sincera.
Come ricordava già nel III secolo d.C. Tertulliano: “Cristiani non si nasce, ma si diventa!”: si tratta di un cammino a volte complesso e difficile, ma che (e lo stiamo sperimentando) porta molto frutto nella vita di chi accoglie il seme buono del vangelo.
Buon cammino!
L’equipe di coordinamento