Seminatori di speranza

Messaggio alla città del vescovo Erio in occasione della festa di San Geminiano.

La speranza non è solo l’ultima a morire, come dice il proverbio, ma è soprattutto la prima e fondamentale spinta a vivere. Una persona senza speranza si lascia spegnere o al massimo si rassegna a sopravvivere. Noi mettiamo però in gioco la speranza non solo di fronte all’orizzonte finale dell’esistenza, ma anche nelle piccole scelte di ogni giorno.
L’uomo vive in quanto progetta, cioè letteralmente “getta avanti” a sé, tende verso una mèta, grande o piccola che sia. Viceversa, muore interiormente se non scorge più dei traguardi davanti a sé: allora si sente inutile e si lascia andare. Le speranze degli individui si travasano nella comunità e le speranze che sostengono una comunità influenzano gli individui. Esiste un’osmosi della speranza tra singoli e società. Per questo si parla anche di speranza sociale, intendendo la passione con cui una comunità “getta avanti” a sé lo sguardo e si muove su orizzonti di futuro. Uno degli indicatori della speranza sociale è la questione demografica. Da qualche tempo l’espressione segnala la decrescita della popolazione, ossia la differenza negativa tra i morti e i nati nell’arco di un anno. In Italia questa forbice è diventata così ampia da destare serie preoccupazioni: negli ultimi anni lo sbilancio tra nati e morti è di circa 190.000 persone all’anno. Per trovare un saldo più negativo di questo dobbiamo andare indietro di un secolo. Non è certo necessario dimostrare la correlazione tra il cosiddetto tasso di natalità di un paese e la capacità di progettare il futuro. In una società che invecchia prevale facilmente la nostalgia sulla fiducia, il lamento sul sogno, il rimpianto sulla novità. […] A buon diritto gli studiosi parlano di invecchiamento dell’Italia. La proporzione tra giovani e anziani in un paese è stata paragonata a una piramide, che è solida quando possiede una buona e larga base e poi sale, riducendosi, fino ad una punta anche molto elevata. La base della piramide è formata dai bambini, ragazzi e giovani; il corpo centrale dagli adulti e la punta dagli anziani. Noi da qualche anno stiamo andando verso una sorta di piramide rovesciata. Forse anche per questo motivo i giovani si sentono scarsamente propensi a “pro-gettare” il
loro futuro. Se l’invecchiamento in Italia è un dato di fatto, l’interpretazione del dato, le cause del fenomeno e le proiezioni sono invece oggetto di discussione. Le cause sono innumerevoli e difficili da districare. […] Ormai da tempo gli esperti segnalano la situazione a chiunque possa intervenire, partendo dai politici e dai governanti. La politica però non sembra ritagliata sulle grandi speranze, ma su quelle di corto raggio. Di qui la frequente adozione di provvedimenti-tampone anziché misure strutturali ad ampio respiro. Di fatto le politiche economiche nazionali hanno favorito piuttosto i singoli rispetto alle famiglie. […] I paesi occidentali che hanno effettivamente sostenuto la famiglia con politiche sociali incisive e concrete a tutela della genitorialità, destinandovi risorse percentualmente maggiori e persino doppie o triple rispetto a quelle italiane, sono riusciti a frenare l’inverno demografico. Le piste sono tracciate da tempo, come dimostrano le esperienze positive di questi paesi: ingresso più celere dei giovani nel mercato del lavoro; maggiori incentivi alla professionalità femminile che non costringa la donna a scegliere tra lavoro e maternità; la riduzione del costo dei figli attraverso il quoziente familiare, gli incentivi fiscali e la disponibilità di servizi per l’infanzia a costo accessibile e ragionevole; le agevolazioni alle coppie che si impegnano a costituire una famiglia anche per l’accesso alla prima casa. Sono politiche per le quali ovviamente servono risorse, il cui impiego verrebbe però abbondantemente compensato, anche dal punto di vista economico. […]
Una gestione equilibrata e lungimirante del fenomeno migratorio può pure concorrere a migliorare la situazione. Una saggia politica di regolazione dei flussi migratori evita infatti di alimentare le paure e di evocare lo spettro dell’invasione e cerca piuttosto di promuovere l’inclusione sociale degli immigrati, che favorisce la crescita economica in Italia, come dimostrano le statistiche. È chiaro comunque che i migranti non possono essere visti come “la soluzione” del problema demografico. Prima di tutto perché gli arrivi in Italia sono drasticamente diminuiti nel 2018 rispetto agli anni precedenti: poco più di 23.000, quasi 100.000 in meno rispetto al 2017 e quasi 160.000 in meno rispetto al 2016. Una volta integrati in Italia, del resto, gli immigrati tendono ad imitare il comportamento dei nativi anche per quanto riguarda il numero dei figli. A proposito di migrazioni, infine, è bene ricordare anche il flusso in uscita: si mantiene infatti costante l’emigrazione annua “definitiva” verso l’estero di oltre 100.000 italiani, una parte consistente dei quali sono giovani in cerca di impiego. Ciò significa che si corre il rischio di lasciare uscire dall’Italia maggiori potenzialità di quante se ne lascino entrare. Quelli appena delineati non sono ovviamente obiettivi semplici e di corto raggio. Sono però obiettivi gradualmente perseguibili, a patto di impostare le scelte pensando alle prossime generazioni più che alle prossime elezioni. Qualcuno dovrà pur rischiare una certa impopolarità nel presente per garantire un mondo migliore nel futuro. Concludo accennando al contributo che le comunità cristiane possono offrire, insieme a tutti coloro che hanno a cuore il bene comune. […] La Chiesa è chiamata a seminare speranza: dentro la grande e fondamentale speranza della vita oltre la morte, dentro le piccole e quotidiane speranze che sostengono la vita terrena, perché l’inverno demografico lasci gradualmente il campo alla primavera.

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