“…e voi siete tutti fratelli”

La “fraternità globale” per vivere nel mondo.

Forse non tutti abbiamo sentito parlare del cosiddetto “effetto farfalla”: si tratta di un concetto emerso nella prima metà degli anni ’60 a partire dal pensiero del matematico Lorenz, secondo il quale “Un battito d’ali di una farfalla in Brasile, può provocare un uragano in Messico”. Un principio che intende esprimere lo stretto legame che esiste tra gli esseri umani, il pianeta e le loro interazioni.

Forse non basta realmente un battito d’ali a provocare una sciagura, ma è pur vero che non possiamo più ritenere le nostre scelte o le nostre azioni totalmente prive di conseguenze sugli altri.

Ce ne stiamo accorgendo sempre più in questi anni: tutto è interconnesso; dalle scelte politiche planetarie alle questioni legate al clima, per non parlare della economia, e non possiamo pertanto pensare che certi problemi non ci riguardino, né che certe questioni “locali” o personali riguardino solo noi e le nostre esistenze.

Nei suoi ultimi interventi Papa Francesco ha riconosciuto e ribadito questo principio: “tutto è collegato, tutto è in relazione”. Lo ricorda nella “Laudato si’” in riferimento al nostro pianeta e nella “Fratelli tutti”, riguardo alla società. 

È vero. Ormai la globalizzazione ci ha resi cittadini del mondo e corresponsabili delle vite altrui in un modo e con una consapevolezza inimmaginabile fino a pochi anni fa. Non possiamo limitarci a guardare al nostro piccolo e limitato giardino, per quanto bello e curato che sia. Non possiamo nemmeno lasciarci spaventare dalla ampiezza e complessità del mondo e delle sue dinamiche affermando con rassegnazione: “Non possiamo farci niente”. La recente guerra in Ucraina, forse proprio per la sua vicinanza all’Italia, ha riacceso in noi questa verità spesso nascosta o sopita.

Anche come comunità di credenti non possiamo nasconderci o sottovalutare l’impatto che le nostre scelte di vita hanno sugli altri. La fede, infatti, non ci fa rivolgere al cielo per sfuggire al mondo e ai suoi problemmi, ma ci fa rivolgere lo sguardo sul fratello e la storia per vivere da risorti. Il principio alla base di questa responsabilità abita nella fraternità.

 “…voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli.”, ricorda Gesù ai suoi discepoli e a noi. Il Signore ci mette in guardia da volerci elevare sugli altri come “maestri” di qualcuno, cioè come coloro che hanno un potere superiore o un diritto maggiore. Richiamandoci alla fraternità come cifra delle nostre relazioni, ci invita a riconoscerci tutti responsabili e tutti ugualmente destinatari di un dono che ci previene e ci supera.

Se è vero che non si decide di essere fratelli, si può decidere di vivere da fratelli. La fraternità è prima di tutto fraternità umana, che non è determinata dalla razza o dalla cultura, e tantomeno dalla religione. Non a caso – sempre papa Francesco – in vista del suo viaggio in Iraq nel marzo 2021, si rivolgeva al popolo iracheno rifacendosi a queste parole del vangelo, col desiderio di vivere e camminare assieme ai cristiani e ai mussulmani nella comune esperienza della fraternità.

Ci sono molti atteggiamenti che possono aiutarci a “vivere e pensarci come fratelli”: dall’ascolto reciproco fino alla attenzione concreta nella gestione delle risorse con scelte virtuose e rispettose del pianeta.  Penso che un primo atteggiamento sia quello di onorare la dignità dell’altro, cercando costantemente di costruire e ricostruire ponti, piuttosto che innalzare steccati. Davanti al mondo che tenta di ripararsi dall’altro, di isolarsi per proteggersi o di attaccare per scoraggiare ogni invadenza, vivere la fraternità accetta la sfida della vulnerabilità, del rinforzare la trama che ci lega gli uni agli altri, piuttosto che spezzare o tagliare i fili.

Dedicare tempo all’atro è un secondo aspetto che favorisce la fraternità. Occorre perdere tempo per guadagnare il fratello e la sorella. Nella logica del profitto, dell’altro interpretato o visto solo nella logica individualistica o utilitaristica, il vangelo ci richiama alla gratuità delle relazioni. Nella libertà si scopre la fraternità come comune denominatore, perché spogliata delle definizioni che rinchiudono l’altro.

Da ultimo, la fraternità invoca un linguaggio diverso, dove al “mio” si sostituisce sempre più “nostro”, dove sul “per me” (o per alcuni), prevale il “per tutti”.

La fraternità non si risolve in alcune scelte o in alcuni principi, giacché ognuno può trovare le proprie personali strade per viverla. Le stesse relazioni fraterne all’interno della nostra comunità saranno altrettanto importanti per accompagnarci a vivere da autentici cittadini del mondo.