di Luigi Sandri in “L’Adige” del 13 maggio 2024
«Possa il Giubileo essere occasione di rianimare la speranza». È questo l’auspicio che percorre l’intera bolla «Spes non confundit» con la quale papa Francesco ha indetto ufficialmente il Giubileo del 2025, che inizierà il 24 dicembre con l’apertura della «porta santa» della basilica vaticana e si concluderà il 6 gennaio 2026. Il Giubileo ha origine dalla tradizione ebraica che lo fissava ogni 50 anni e aveva precisi obiettivi:
– la terra doveva essere lasciata riposare (con lo scopo pratico di rendere più forti le successive coltivazioni),
– la remissione dei debiti,
– gli schiavi dovevano riacquistare la libertà e tornare alle proprie case.
L’annuncio del Giubileo veniva dato nel tempio di Gerusalemme dal suono dello shofar, cioè un corno di ariete, in ebraico yobel, da cui deriva il termine Giubileo. Le indicazioni sono tratte dal libro del Levitico al capitolo 25: “Conterai sette volte sette anni; queste sette settimane di anni faranno un periodo di quarantanove anni. Al decimo giorno del settimo mese, farai squillare la tromba dell’acclamazione; nel giorno dell’espiazione farete squillare il corno per tutto il paese. Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti. Il cinquantesimo anno sarà per voi un giubileo; non farete né semina, né mietitura di quanto i campi produrranno da sé, né farete la vendemmia delle vigne non potate. Poiché è il giubileo; esso vi sarà sacro; potrete però mangiare il prodotto che daranno i campi. In quest’anno del giubileo, ciascuno tornerà in possesso del suo”. (Lv 25, 8-13)
Non è ben chiaro se e come gli ebrei abbiano celebrato il Giubileo; è certo, comunque, che le Chiese cristiane per oltre un millennio dimenticarono l’idea. Fu papa Bonifacio VIII, nel 1300, a indire il primo Giubileo. Esso, però, scordato quello biblico, aveva come scopo principale il pellegrinaggio per venire a Roma a pregare sulle tombe degli apostoli Pietro e Paolo, e «acquistare» così le indulgenze. L’Europa fu percorsa da un enorme fremito: pellegrini da tutti i paesi si misero in cammino (chi a cavallo e chi a piedi) per raggiungere la Città eterna: lo stesso Dante Alighieri vi partecipò, e ne parlò nella Divina Commedia. Ma, se per Bonifacio la «Grande perdonanza» doveva avere una scadenza centenaria, poi altri papi la fissarono ogni venticinque anni. I Giubilei, lungo i secoli, si svolsero con questa scadenza, salvo in caso di guerra.
L’Anno Santo è tempo di grazia, momento per risvegliare la fede e le coscienze. È l’anno della remissione dei peccati e delle pene, è l’anno della riconciliazione tra avversari, è l’anno della conversione e della penitenza, è l’anno della solidarietà, della speranza, della giustizia, dell’impegno per servire Dio nella gioia e nella pace con i fratelli. Bergoglio, nella sua bolla, invita tutti ad essere pellegrini-portatori di speranza, soprattutto verso i giovani e i carcerati, i profughi e i poveri. Ma ricorda anche i grandi drammi del mondo, in particolare le guerre: «è troppo sognare che le armi tacciano e smettano di portare distruzione e morte? E che le Nazioni più benestanti stabiliscano di condonare i debiti di Paesi che mai potrebbero ripagarli?».
A conclusione della bolla di indizione del Giubileo papa Francesco scrive: «Il prossimo Giubileo, dunque, sarà un Anno Santo caratterizzato dalla speranza che non tramonta, quella in Dio. Ci aiuti pure a ritrovare la fiducia necessaria, nella Chiesa come nella società, nelle relazioni interpersonali, nei rapporti internazionali, nella promozione della dignità di ogni persona e nel rispetto del creato. La testimonianza credente possa essere nel mondo lievito di genuina speranza, annuncio di cieli nuovi e terra nuova (cfr. 2Pt 3,13), dove abitare nella giustizia e nella concordia tra i popoli, protesi verso il compimento della promessa del Signore».