Abbiamo bisogno del Natale

Abbiamo bisogno del Natale, oggi più che mai. Percepiamo attorno a noi un clima pesante. Aumentano i gesti di disprezzo, la violenza verbale e non meno – purtroppo – quella fisica, anche tra le mura domestiche. Al dialogo e al confronto si sostituiscono spesso parole offensive e che intendono svalutare l’altro. C’è bisogno del Natale, ma non come festa che – magicamente – ci rende almeno per un giorno «tutti più buoni». Non servirebbe a nulla ritrovare la bontà se non trasformasse nel profondo i nostri atteggiamenti e soprattutto il nostro sguardo.
No, abbiamo bisogno del Natale perché abbiamo bisogno di sentire che Dio ama la nostra fragilità. Il Natale è questo: fare memoria di un Dio che si è fatto umano, che ama a tal punto la nostra natura terrena e terrestre da assumerla per essere Emmanuele, il «Dio con noi».
In Gesù che nasce vediamo il Dio che non disprezza la nostra fragilità, ma la fa sua come occasione per amare. La mitezza del bambino, il suo affidarsi alle cure di una coppia «precaria» come Maria e Giuseppe, ci ricordano che Dio non teme l’uomo, ma chiede di essere suoi collaboratori perché la tenerezza e la bontà di Dio siano raccontate a tutti gli uomini.
Tuttavia i vangeli ci raccontano che questo riconoscimento di Dio, nella carne fragile di un bambino, non è operazione semplice. Esige un cambio di atteggiamento che sintetizzerei in tre parole: silenzio, meraviglia, pazienza.

La nascita del Signore Gesù avviene nel silenzio. Le parole sono poche, sobrie. Prevale il silenzio. Al frastuono dei potenti, al chiacchiericcio di chi vuole capire senza però implicarsi, si contrappongono le parole misurate, le domande che risuonano nell’intimo, e gli inviti a muoversi di Maria e Giuseppe, come dei pastori o dei magi.

Chi accoglie il bambino sperimenta la meraviglia e lo stupore. Meraviglia per aver scoperto che Dio si è fatto prossimo, che nella nostra vita ordinaria, segnata dalle fatiche e dagli imprevisti, dalle speranze come dalle delusioni, proprio a noi, Dio vuole farsi accanto. A dei poveri pastori disprezzati da tutti, o a dei «cercatori di Dio di altri paesi» come i magi. Non i palazzi dei potenti, non i sontuosi luoghi religiosi, ma la semplice concretezza della vita presente sono gli spazi dove Dio vuole farsi carne e rivelarsi.

Ma per riconoscere fino in fondo questa presenza occorre pazienza. Non basta l’incontro, la meraviglia e il silenzio del cuore. Occorre la pazienza di custodire questo incontro a lungo, lasciarlo risuonare nei propri pensieri come nel proprio cuore. Occorre permettere che questa novità rischiari, lentamente, le nostre storie.

Abbiamo bisogno del Natale, oggi. Abbiamo bisogno di ritrovare il silenzio che custodisce le parole buone e sensate. Abbiamo bisogno di ritrovare la meraviglia per il bene che ci viene incontro e che spesso sottovalutiamo. Solo un cuore e uno sguardo aperti alla novità, disponibile a riconoscere che qualcosa di inedito sta accadendo nella nostra vita, possono restituirci la gioia di sentirci raggiunti dal dono di Dio. Siamo troppo abituati a pensare che in fondo «non c’è niente di nuovo sotto il sole». Eppure, anche un bambino in fasce e una famiglia povera e costretta ad emigrare, come quella di Maria e Giuseppe, possono raccontare un Dio che ama la nostra vita nella sua ordinarietà.
Abbiamo bisogno della pazienza, perché il Dio di Gesù non si impone, non fa violenza. Ci chiede di frequentarlo con fedeltà e perseveranza; ci chiede di accettare di mettere da parte le nostre pretese del «tutto e subito». Solo così questo incontro potrà trasformare profondamente le nostre vite.

Non temiamo di intraprendere questo cammino. Anche noi alziamoci e «andiamo fino a Betlemme a vedere questo avvenimento» come dicono i pastori. Solo così la novità del Natale potrà illuminare a lungo i nostri giorni.

 

don Luca