Avvento: il tempo dell’invocazione e dell’attesa

Entriamo nel tempo dell’avvento, il tempo della memoria, dell’invocazione e dell’attesa della venuta del Signore. Per molti cristiani l’Avvento è stato ridotto ad una semplice preparazione al Natale, quasi che si attendesse ancora la venuta di Gesù nella carne della nostra umanità e nella povertà di Betlemme. Si tratta di “un’ingenua regressione devota che depaupera la speranza cristiana”, riducendo così l’avvento ad un tempo dolciastro e svuotato della dimensione di attesa, tensione, vigilanza e responsabilità. Nell’avvento certamente ricordiamo che il Signore è venuto duemila anni fa’, ma l’avvento ci spinge oltre: non solo il Signore è venuto, ma soprattutto il Signore verrà alla fine dei tempi (noi stiamo camminando verso una buona meta, non verso il nulla) e il Signore viene anche oggi nella nostra storia invitandoci a renderla storia di salvezza per ogni uomo! Il tempo dell’Avvento vuole risvegliare in noi con forza queste due attese: l’attesa della venuta del Signore alla fine dei tempi e l’attesa della venuta del Regno di Dio nella nostra storia presente. L’Avvento ci spinge innanzitutto a sollevare lo sguardo verso il futuro, verso la fine dei tempi. Tutta la creazione geme e soffre come nelle doglie del parto aspettando la sua trasfigurazione e la manifestazione dei figli di Dio (cf. Rm 8,19ss.): il Signore verrà alla fine dei tempi e instaurerà il suo regno di giustizia e di pace. Sostenuta da questa fiducia, la chiesa nel tempo di Avvento, ripete con più forza e assiduità l’antica invocazione dei cristiani: Marana thà! Vieni Signore! L’Avvento ci ricorda che noi cristiani viviamo nell’attesa della venuta di Cristo alla fine dei tempi, l’Avvento però ci ricorda anche che in attesa del giorno del Signore noi non possiamo chiuderci nella nostra passività. Proprio l’attesa del Signore alla fine dei tempi ci obbliga a vivere da svegli e non da addormentati, ci obbliga a vivere nella vigilanza che è amore concreto verso gli altri soprattutto gli ultimo e i poveri. Proclamare nelle liturgie di Avvento: “Maranatha! Vieni Signore”, significa per noi cristiani impegnarci attivamente e concretamente perché il regno di Dio venga ora nella nostra storia. In questi giorni di avvento in cui le ore di luce si accorciano e la notte sembra vincere, noi cristiani non ci arrendiamo e continuiamo a cercare la luce vera guidati nel nostro cammino dalla croce dell’amore che le tenebre non hanno potuto e non potranno contenere.

Alcuni segni per le nostre liturgie d’Avvento
– L’avvento comincia nel momento in cui attorno a noi la natura si addormenta nel sonno dell’inverno e le giornate vedono diminuire la luce e crescere la notte. In questi giorni in cui le tenebre sembrano vincere sulla luce, per ricordarci che noi stiamo camminando verso la luce vera che le tenebre non possono vincere, iniziamo ogni celebrazione con il rito del lucernario: la chiesa è buia e durante l’atto penitenziale vengono accese progressivamente le luci. Accendiamo anche le candele che rappresentano le quattro settimane di avvento e, prima dell’ascolto della Parola di Dio, la candela sotto l’ambone: la Parola sia la luce che guida la nostra attesa.
– Il tempo dell’Avvento è il tempo in cui la chiesa invoca: “Maranatha! Vieni Signore!”, questa invocazione caratterizza l’atto penitenziale, nella certezza che il Signore non viene per condannare ma per salvare.
– La croce di Lampedusa, che abbiamo scelto di mettere al centro della liturgia in questo tempo di Avvento, ci richiama con forza l’attesa della venuta del Signore alla fine dei tempi e l’attesa della venuta-realizzazione del Regno di Dio nella nostra storia presente. La croce di Lampedusa ci ricorda che in attesa del giorno del Signore noi non possiamo chiuderci nella nostra passività. Proprio l’attesa del Signore alla fine dei tempi ci obbliga a vivere da svegli e non da addormentati, ci obbliga a vivere nella vigilanza che è amore concreto e non nella globalizzazione dell’indifferenza.