Entrare in quaresima

di Goffredo Boselli – Monaco di Bose

La Quaresima ogni anno giunge repentina, ci coglie lì dove siamo e ci spinge, quasi ci costringe a iniziare ancora una volta un cammino di conversione. Un cammino che è un tempo di preghiera nel quale discernere la “presenza” con la quale scegliamo di vivere e convivere. Un cammino di rinuncia e condivisione che è tempo nel quale non pretendere per sé più di quanto si riconosce agli altri.
La Quaresima è dunque una chiamata che porta i tratti di un appello interiore, quell’intima ingiunzione spirituale che la parola del Signore sempre ci fa sentire quando decidiamo di ascoltarla. Per questo, non siamo noi a entrare in  Quaresima ma è la Quaresima che entra in noi, e in qualche modo ci forza, ci fa violenza e si impone come una sorta di controtempo al nostro tempo.
Noi vorremmo vivere il tempo che ci è dato in quella tranquillità e leggerezza che lo stare alla superficie della vita accorda, lasciandoci portare dagli eventi, dai fatti piccoli e grandi che segnano la nostra quotidiana esistenza di persone, di credenti, di cittadini e che, alla lunga, impercettibilmente ci spossessano della libertà di decidere e di scegliere che uomini e donne essere, che vita vivere.
Lasciare che le cose accadano senza assumere su di esse uno sguardo evangelico, significa infatti cedere alla tentazione di consegnare le chiavi del senso delle nostre vite a forze, a dominanti, a poteri che alla fine ci sovrastano e ci dominano perché abbiamo per troppo tempo consentito loro di regnare dentro di noi.
La Quaresima è tempo di prova perché è tempo di decisione, ossia tempo nel quale consentiamo al Vangelo di Cristo di costringerci alla scelta, di stanarci nelle nostre ambiguità, di rivelarci gli aspetti umanamente e spiritualmente irrisolti.
Se avvertiamo la Quaresima come una forza a noi opposta e come realtà esterna costringente, sentendo in essa tutta la potenza della parola di Dio e l’appello alla conversione, questo significa che stiamo entrando in Quaresima. La forza dello Spirito che spinge Gesù nel deserto è la stessa forza spirituale che costringe il cristiano a entrare in Quaresima.
Se neppure in questi quaranta giorni sentiremo nella nostra carne lo scontro tra noi e la parola di Dio, il conflitto tra i nostri pensieri e lo spirito del Vangelo, la contraddizione tra le nostre azioni e l’agire di Cristo; se neppure in questi quaranta giorni prenderemo coscienza che la fedeltà al Vangelo di Cristo significa lotta e agonia, perché la fedeltà al Vangelo ha un prezzo da pagare che per il Cristo è stata la croce; se neppure in Quaresima sentiremo che tutto questo attraversa le nostre fibre, allora avremo ridotto la fede a un’osservanza religiosa e avremo fatto del Vangelo di Cristo un insieme di valori fondativi.
Come i giorni dell’Avvento corrispondono ai giorni più bui dell’anno che culminano nel giorno del Natale, nel quale la luce vince la tenebra, così i quaranta giorni della Quaresima corrispondono ai giorni nei quali la natura, dopo il sonno invernale, torna a vivere. Se l’Avvento invoca la venuta della luce più forte delle tenebre, la Quaresima invoca la vita più forte della morte. Il fine della Quaresima è la Pasqua, la rinascita a una vita che non rinuncia mai a rinnovarsi. Ciclo della vita naturale e ciclo della vita spirituale pulsano al medesimo ritmo, conoscono le medesime regole e gli stessi principi. Per questo, la Pasqua cristiana ricorre sempre la domenica dopo il primo novilunio di primavera perché è la prima luna nuova che segna cosmologicamente l’inizio vero della primavera. Il lavoro interiore che i credenti attraverso la preghiera, la rinuncia e la condivisione compiono nei quaranta giorni quaresimali, ha la stessa dinamica spirituale del lavoro nascosto che il seme sotterra compie nel corso dell’inverno per poter spuntare a primavera e poi germogliare e portare frutto a suo tempo.
Il seme ha bisogno di un tempo nel quale, nascosto sotterra, possa morire a se stesso affinché dalla propria morte nasca una nuova vita. Così, i giorni della Quaresima sono i giorni nei quali il cristiano cerca di comprendere a fondo, facendo esistenzialmente propria quella parola del Vangelo nella quale Gesù ha sintetizzato la sua stessa esperienza spirituale di morte e vita: “Se il seme, caduto a terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12,24). Nel mistero del seme Gesù ha riconosciuto il senso della sua vita. Nel mistero del seme è anche racchiuso il senso spirituale della Quaresima.