Commento all’opera

Il figlio prodigoGuercino – 1619

L’opera è una delle prime opere di Giovan Francesco Barbieri, meglio noto come “il Guercino” per via del suo strabismo.

Il dipinto, ispirato dall’omonima parabola biblica, rappresenta il momento del ritorno del figlio minore allontanatosi da casa paterna. La tela mette in scena tre personaggi: il figlio prodigo a sinistra, il padre al centro e il figlio maggiore all’estrema destra. La maestria del pittore sta nell’utilizzo della luce con cui mette in risalto le posture e gli atteggiamenti dei tre uomini. La luce, infatti, proviene da sinistra lasciando il viso del figlio appena tornato in ombra, indice della propria vergogna e pentimento, e illuminando il volto del fratello maggiore che risulta tratteggiato in un’espressione di fastidio. Al centro il padre, vero elemento di sintesi compositiva. È lui che sostiene con una mano il figlio ritrovato per non lasciarlo andare all’umiliazione e con l’altra si rivolge al maggiore per spronarlo ad avvicinarsi al fratello. L’uno e l’altro che sono tenuti insieme, uniti dalle braccia dell’anziano.

Il tema del figlio prodigo sarà molto caro a Guercino, lui lo riproporrà molteplici volte nel corso della sua vita. Forse ad animarlo era il desiderio di trovare risposta alle sue domande di fede. Anche noi come lui davanti a un’opera così possiamo chiederci: io che chiamo Dio “padre”, che immagine ho di Lui? L’immagine di un padre padrone? Di un padre giusto? O di un padre che ama senza porre condizioni?

Scorgere il vero volto di Dio nelle nostre relazioni fraterne è la vera sfida che Guercino ci propone. A ciascuno di noi il compito di trovare la risposta nel proprio cuore.