Il 2025 sarà un anno particolare perché segnato dall’evento del Giubileo
Questo nuovo anno pastorale che si apre con la Festa di San Luigi sorge sotto il segno della speranza, tema che fa da filo conduttore all’evento del Giubileo che cade proprio nel prossimo 2025: il Giubileo è un evento che si svolge ogni 25 anni e che intende invitarci – prima di tutto – ad una sosta.
L’anno giubilare, infatti, nasce dalla tradizione di fissare una pausa e favorire un ricominciamento.
La Scrittura parla del giubileo come l’anno nel quale i debiti si estinguono anche se non ripagati, lo schiavo è liberato, la terra non è coltivata perché respiri e riposi.
È un anno di pausa, ma per restituire la libertà, nelle relazioni, nel lavoro e nel rapporto col creato e col mondo.
Perché per ricominciare e ripartire occorre una interruzione, una sorta di presa di distanze e ridimensionamento del nostro modo di vivere il tempo e lo spazio, così come le relazioni.
Ripartiamo, quindi, sotto il segno della speranza, ma – lo capiamo bene – non basta proclamare di porre come obiettivo una virtù per viverla.
La speranza si nutre prima di tutto di una pausa.
La speranza, infatti, ha a che fare col tempo, perché oggi soffriamo di mancanza di speranza in quanto ci manca il tempo. La speranza esige tempi lunghi perché possa mettere radici ed essere persistente. Purtroppo, nutriamo false speranze perché desideriamo qualcosa che si realizzi presto, senza fatica e con un effetto immediato. Questo, però, porta a nutrire speranze di corto respiro che non danno energia e coraggio nel tempo.
La speranza può anche rivelarsi – infatti – falsa, non semplicemente mal riposta, bensì cattiva. La speranza non è solo positiva, ma può essere anche pericolosa se egoista. Esiste infatti la speranza contro gli altri e a prescindere dagli altri, quando speriamo solo per noi stessi.
La speranza, quindi, non è mai solo speranza per me, ma – anzi – è soprattutto una speranza plurale che va oltre noi stessi. La speranza è speranza aperta al futuro e il futuro è nostro, ma soprattutto degli altri, di chi verrà. Sperare significa generare qualcosa i cui frutti o esiti forse non vedremo compiuti pienamente.
Il mondo ha bisogno di speranza, certo, ma ha prima di tutto bisogno di persone che osano sperare, che sanno pazientare e gettare un seme, coltivarlo custodirlo e farlo crescere anche se non ne vedranno i frutti.
Questo nuovo anno ci accompagni ad osare insieme una speranza concreta per tutti: per i giovani e più fragili in particolare.