Daily Archives: 10 Febbraio 2024

Articolo della settimana

Dalle “ceneri” a Pentecoste

Itinerario comunitario verso la Pasqua

Il Consiglio Pastorale Parrocchiale ha pensato e condiviso un percorso che accompagni la nostra comunità lungo il tempo di quaresima fino alla celebrazione della Pentecoste.

Potete scaricare il volantino che presenta le iniziative proposte, cliccando qui

Riportiamo l’introduzione al percorso realizzato dal CPP

Visto che quest’anno abbiamo dedicato la nostra attenzione al tema del tempo, soprattutto a partire dalla festa di San Luigi anche con la preghiera del venerdì, questo dedicare tempo, dare tempo agli altri, dare tempo a Dio, pensiamo si leghi bene al tema della Quaresima, perché la Quaresima si caratterizza prima di tutto per essere un tempo.  

Il fatto che parliamo di 40 giorni significa mettere al centro il primato del tempo sullo spazio. Questo è anche uno dei principi portati avanti da tempo da Papa Francesco a proposito del fatto che i processi di cambiamento e di conversione sono fatti non per occupare spazi o dei vuoti, ma – al contrario – per svilupparsi nel tempo e per dare tempo perché queste trasformazioni avvengano realmente.

La Quaresima è prima di tutto un tempo, un tempo non tanto da occupare, da riempire; non è un tempo da dedicare a più preghiera o più cose o anche solo più sacrifici, come spesso abbiamo imparato a pensare, ma è un tempo dedicato, un tempo per fare spazio e per dare tempo, per accettare i tempi lunghi. La Quaresima, infatti, si sviluppa su 40 giorni: un tempo non troppo lungo, ma neanche troppo corto; un tempo – in fondo – che non puoi dominare. Il tempo della Quaresima è un tempo che non domini interiormente, che non riesci a padroneggiare perché va oltre la nostra percezione immediata del tempo. Noi riusciamo a percepire generalmente un giorno, una settimana, dieci giorni forse, un mese.

Quaranta giorni è più difficile da percepire interiormente. Non a caso rimanda l’idea un po’ del deserto come tempo (e spazio) sconfinato, un tempo dove non ne vedi in modo netto i confini. Quindi c’è questo primato del tempo che occorre accogliere e accettare, proprio perché è dare tempo a Dio affinché venga a trasformarci.  Non è un caso che il tempo della Quaresima fosse il tempo che veniva dedicato a chi doveva diventare cristiano: era il cosiddetto tempo prossimo al battesimo per i neofiti, cioè i catecumeni, coloro che dovevano essere battezzati e – nello stesso tempo – era anche il tempo dei penitenti, il tempo prossimo più vicino alla Pasqua per coloro che erano scomunicati, cioè coloro che dovevano fare un percorso di ravvedimento per aver commesso dei peccati molto gravi. Questi penitenti – il giovedì Santo – venivano riaccolti nella chiesa attraverso il vescovo per poter celebrare la Pasqua.

In sostanza la Quaresima era il tempo più prossimo alla Pasqua per coloro che volevano diventare cristiani (i catecumeni) e per coloro che dovevano tornare ad essere cristiani (i penitenti). Questo ci dice che il tempo della quaresima non è il tempo dei bravi cristiani che hanno il coraggio e la forza di mortificarsi, ma è il tempo proprio di chi deve tornare a essere cristiano o comunque deve diventare cristiano. È il tempo del discepolato, del rinnovamento, per tornare ad essere figli.  Anche le rinunce che il tempo di Quaresima domanda e che leggiamo soprattutto nella liturgia del mercoledì delle ceneri, quella del digiuno dal cibo, l’elemosina – cioè la  rinuncia al possesso – e la preghiera come rinuncia a pensarci solo come se stessi e non in relazione a Dio, non sono azioni ascetiche, ma sono tre forme per rieducare il nostro desiderio.  È l’invito a provare la fame per poter gustare meglio il pasto Pasquale, a provare la fragilità e la rinuncia di cose per imparare a gustare i beni e la condivisione, a provare nella preghiera il vuoto, la rinuncia a sé, per imparare a gustare di più la propria dipendenza da Dio. Quindi fondamentalmente la Quaresima è un percorso dove si reimpara il proprio essere “dipendenti da”: dipendenti da Dio nella preghiera (nella preghiera io riconosco che non basto a me stesso ma che ho bisogno di qualcun altro), dipendenza dai beni (imparo che non sono tutti miei ma mi sono sempre donati quindi vanno condivisi), dipendenza anche dal cibo cioè dalla vita (la vita – nella figura del cibo – non proviene solo ed esclusivamente da me, ma è sempre vita ricevuta). Pertanto, il tempo serve per reimparare il desiderio tant’è che – appunto, se ci pensiamo – la forma più alta di comunione con Dio non è il digiuno. A volte pensiamo che il digiuno sia un modo per esprimere la propria dedizione, il proprio legame con Dio. Al contrario, la forma più alta di comunione con il Signore è proprio il pasto: il pasto Pasquale, il pasto domenicale, per cui il digiuno è proprio un allenamento, è una rieducazione del desiderio proprio per vivere poi una pienezza di comunione maggiore nel pasto eucaristico, nel pasto Pasquale. In questo siamo accompagnati dalla liturgia.  La liturgia ci accompagna in questo tempo (siamo nell’anno B) sia con le liturgie feriali che con le liturgie domenicali. Le une e le altre hanno un percorso già definito, dove soprattutto si mette in stretta relazione la prima lettura e il Vangelo. In particolare, ci accompagnano nella liturgia feriale il racconto dell’Esodo e nelle liturgie domenicali – soprattutto dell’anno B – nella prima lettura la memoria delle varie alleanze stipulate da Dio: alleanza con Noè, alleanza con Abramo, alleanza con Mosè e i 10 comandamenti, alleanza con Ezechiele, alleanza col nuovo spirito cantato dal profeta Gioele. Una alleanza che va rinnovata. Nei Vangeli, invece, ci accompagnano soprattutto i Vangeli di Giovanni (o meglio siamo nell’anno di Marco ma le prime due domeniche in tutti i tre anni della Quaresima sempre dedicate al tema delle tentazioni della prima domenica e al tema della trasfigurazione la seconda domenica). Le altre tre domeniche, che invece variano ogni anno, sono appunto prese dal Vangelo di Giovanni, dove abbiamo la purificazione del tempio (III), il dialogo con Nicodemo o meglio il tema del di Gesù innalzato sulla croce come il serpente innalzato nel deserto (IV), l’immagine del seme caduto in terra che muore porta frutto (V).  Quindi, qual è lo scopo  delle letture e delle liturgie domenicali del tempo di Quaresima? Quello di riformare il discepolo. Il discepolo si ristruttura o si ripensa nel suo discepolato dietro a Gesù attraverso la parola di Dio. Sicché siamo chiamati a seguire Gesù nelle sue tentazioni, noi tentati come Gesù tentato, noi trasformati/trasfigurati come Gesù trasfigurato e poi noi che dobbiamo purificare la nostra immagine di Dio e noi che siamo chiamati a ricomprendere i misteri della salvezza di Dio che ha tanto amato il mondo da dare suo figlio, dice Gesù a Nicodemo.  Infine, seguendo Gesù, siamo chiamati a prendere in considerazione anche il dono totale di noi stessi come seme caduto in terra. Quindi è un percorso di riscoperta del nostro essere discepoli dietro al Signore e da ultimo ricordiamo anche che la Quaresima non si comprende se non alla luce della Pasqua e del tempo di Pasqua.  Come afferma il liturgista Andrea Grillo, non sono solo 40 giorni, ma sono 40+3+50.  40 giorni di Quaresima, 3 giorni del triduo Pasquale che esplodono nei 50 giorni del tempo Pasquale; quindi, è un tempo che ci inizia alla Pasqua. Il tempo di Quaresima finisce col Giovedì Santo; seguono tre giorni di Pasqua (perché il triduo sono tre giorni di Pasqua riletti sotto tre prospettive diverse) che esplode nella domenica di Pasqua e che si perpetua – come un’eco – per 50 giorni. Fino a Pentecoste viviamo 50 giorni di vita Pasquale dove l’energia del risorto riforma la comunità.